Funnel di marketing: dalla teoria ai kpi per monitorare ogni fase
La teoria del funnel di marketing si è imposta quando il marketing ha cominciato a diventare una disciplina sempre più strutturata. Nel corso degli anni ha subito diverse rivisitazioni e modifiche. Questo principalmente perché è cambiato il modo di produrre ed è cambiato il comportamento di acquisto degli utenti. Ma cos’è innanzitutto un funnel di marketing? Funnel innanzitutto vuol dire “imbuto”. E’ il percorso che gli utenti compiono per giungere ad un acquisto. Viene chiamato così perché, nel passaggio da una fase all’altra, il numero di utenti che proseguono il percorso si riduce, proprio come la forma di un imbuto.
AIDA: il primo modello di funnel di marketing
Il primo imbuto di marketing è attribuito allo statunitense pioniere della pubblicità Elias St. Elmo Lewis. Sviluppò un modello che mappava le fasi del rapporto di un cliente con un’azienda. Questo rapporto è descritto in quattro fasi e ha dato vita al modello AIDA. Si tratta di un acronimo che sta per Awarness (consapevolezza), Interest (interesse), Desire (desiderio), Action (azione). Ecco cosa si intende nel dettaglio:
- Consapevolezza: nel potenziale cliente emerge un problema, ne diventa consapevole con le potenziali soluzioni.
- Interesse: in questa fase il potenziale cliente esprime interesse per uno specifico prodotto o servizio che è in grado di risolvere il suo problema.
- Desiderio: il focus del potenziale cliente si sposta verso un particolare marchio o prodotto. Qui comincia la fase di valutazione in cui l’utente verifica se quel prodotto o servizio è in grado di soddisfare le proprie esigenze.
- Azione: è la fase finale in cui l’utente agisce. Se il prodotto soddisfa le proprie esigenze l’utente in trasforma in cliente. Altrimenti continuerà la fase di valutazione.
Nel 1924 questo modello è stato associato al concetto di imbuto. William H. Townsend combinò il modello AIDA con il concetto di imbuto. Nella parte superiore delle funnel, quella della consapevolezza, si trova una massa di potenziali clienti che hanno un problema che cercano di risolvere. Una parte di questi arriverà nella fase dell’interesse verso uno specifico brand, prodotto e servizio. Altri abbandoneranno e indirizzeranno il proprio interesse altrove.
Questo significa che una parte dei potenziali clienti fluirà dalla parte della consapevolezza a quella dell’interesse. Di questi una parte si sposterà versa quella del desiderio e una parte di questi compirà l’azione desiderata, come l’acquisto. Per questo motivo si parla di funnel o imbuto.
Dal modello AIDA al modello AIDAS
Successivamente si è capito che il modello AIDA non teneva conto della fidelizzazione degli utenti/clienti. Per questo motivo, il modello si è trasformato in AIDAS, dove la l’aggiunta della “S” finale si vogliono includere tutti gli aspetti relativi alla soddisfazione. Questo significa portare un utente a legarsi al brand, da cui comprerà in maniera stabile. E ciò avrà un effetto importante sulle vendite.
See, Think, Do, Care
Questi sono i nuovi paradigmi del modello di funnel ipotizzato da Avinash Kaushik, uno dei più importanti e accreditati web analyst. Si tratta di una semplificazione proprio del modello AIDAS:
- See: rappresenta la fase dell’awarness, della consapevolezza
- Think: interesse e desiderio
- Do: è il momento in cui l’utente agisce, compra
- Care: quando avviene la fidelizzazione e si crea un legame con il brand
TOFU, MOFU, BOFU: la semplificazione del funnel
Un’altra distinzione molto frequente è quella legata a questi tre acronimi. “TOFU” indica la parte superiore dell’imbuto (quella dell’awarness), “MOFU” la parte centrale e “BOFU” la parte finale, quella che si conclude con l’acquisto. Ad ognuna di queste si lega una fase del percorso di acquisto dell’utente (il customer journey):
TOFU: fase dell’awareness, in cui i potenziali clienti stanno imparando a conoscere il marchio e i problemi che aiuta a risolvere.
MOFU: è i l momento in cui il cliente ha identificato il proprio problema e sta cercando una soluzione. E’ la fase in cui bisogna convincere il potenziale cliente che il proprio brand o prodotto è in grado di risolvere il problema.
BOFU: fase finale della decisione, quando il brand deve convincere il potenziale cliente a passare all’azione, all’acquisto.
Proviamo adesso a vedere per ognuna di queste tre fasi del funnel, quali solo le principali metriche da tenere in considerazione per misurare il rendimento di una strategia di marketing, senza la pretesa di essere esaustivi.
Awarness (TOFU o fase iniziale del funnel)
Reach: La reach è una metrica che indica quanti utenti unici sono stai raggiunti da un annuncio. In Google Ads non c’è una vera e propria metrica che indica gli utenti raggiunti. In Facebook Ads questa metrica viene chiamata copertura. E’ utile per valutare la portata di una campagna il cui obiettivo è mostrarsi al più ampio numero di utenti.
Nell’esempio in basso si vede come la copertura sia un dato inferiore alle impressioni perché la copertura è calcolata una volta per ogni singolo utente. Infatti Facebook nelle due indicazioni la definisce come “il numero di persone che hanno visto le tue inserzioni almeno una volta. La copertura è diversa dalle impression, che potrebbero includere più visualizzazioni delle tue inserzioni da parte delle stesse persone”.
Impressioni: questa metrica indica il numero di volte in cui un annuncio è comparso agli utenti. Solitamente il primo contatto di un utente con il brand è attraverso un impressioni di annuncio. Se questo annuncio è in target, è accattivante e spinge l’utente a clic, l’impressione genera una sessione online.
Frequenza: in relazione agli annunci, indica quante volte ogni singolo utente ha visto mediamente un annuncio. Per le campagna di branding può essere utile misurare la frequenza. Nel caso di campagne Facebook è opportuno tenere sotto controllo questa metrica, soprattutto se l’obiettivo non è l’awarness ma il traffico o la conversione. Un’elevata frequenza può ridurre il tasso di clic degli utenti e, proprio come succede per Facebook, questo porta ad un progressivo calo delle prestazioni della campagna e una crescita della CPM.
Engagement (MOFU o fase intermedia del funnel)
Numero di pagine (pageview): il numero di pagine visualizzate dagli utenti è una metrica che aiuta a comprendere la qualità dell’interazione che gli utenti hanno con il sito. Un numero basso di pagine viste può indicare un basso livello di traffico e, di conseguenza, una possibilità più ridotta che gli utenti avanzino nelle sai successive del funnel. Questa metrica è disponibile nei rapporti di Google Analytics, sia Universal Analytics che del nuovo GA4.
Pagine per sessione: strettamente connessa alla metrica precedente le pagine per sessione indicano una media di visualizzazioni di pagina per singolo utente. Più è alto questo valore, più gli utenti navigano all’interno del sito muovendosi da una pagina dall’altra, da una sessioni all’altra.
Un numero maggiore di pagine per sessione indica che gli utenti trovano i tuoi contenuti coinvolgenti e sono disposti a esplorare maggiormente il sito. Un buon obiettivo iniziale per definire questo kpi può essere di due pagine per sessione. In GA4 è possibile anche creare segmenti di utenti che hanno raggiunto questo obiettivo in modo da monitorare meglio questa metrica.
Il dato va considerato anche in relazione alla ricerca interna sul sito: un numero elevato di pagine per visita può indicare anche una difficoltà degli utenti a trovare ciò che cercano. Per questo è utile relazionare questo dato con i canali di acquisizione e i vari percorsi utente.
Tempo sul sito: cosi come le pagine, per sessione, anche questa metrica indica la qualità dell’interazione sul sito. Collegata alla frequenza di rimbalzo (bounce rate), può indicare se la visita degli utenti è particolarmente approfondita, gli utenti trovano quello che cercano e l’esperienza di navigazione è ricca (ad esempio, prodotti correlati nel caso di un ecommerce o è facile spostarsi tra le categorie).
Totale eventi: è una metrica quantitativa che può dare indicazione di quanto effettivamente gli utenti interagiscano con il sito. Con l’arrivo di Google Analytics 4, che fonda il suo modello di misurazione proprio sugli eventi, può risultare particolarmente utile valutare il dato generale sul numero totale degli eventi registrati.
Tasso di engagement: in GA4 la metrica della frequenza di rimbalzo e della durata media della sessione hanno lasciato spazio alla metrica chiamata tasso di engagement. Come dice la stessa guida di Google, “la metrica Tasso di coinvolgimento mostra il numero di sessioni con coinvolgimento diviso per il numero totale di sessioni in un periodo di tempo specificato”.
Questo cambiamento è dettato dal fatto che il nuovo tool di analisi del traffico vuole essere più orientato agli eventi rispetto a Universal Analytics. Le sessioni con engagement sono definite in base a queste regole:
- Dura più di 10 secondi
- Contengono più di una visualizzazione di pagina
- Contengono almeno un evento di conversione
Si tratta di una metrica importante da considerare si si vuole valutare la qualità delle visite.
Conversioni (BOFU o fase intermedia del funnel)
Transazioni: se in un ecommerce è stato attivato il tracciamento enhanced ecommerce è possibile monitorare le transazioni. E’ una metrica indispensabile come riferimento anche per altri kpi di vendita. Tracciarle e controllarle settimana su settimana, mese su mese, o ogni trimestre, può contribuire a fornire una quadro esaustivo di dove stia andando il business. Inoltre, grazie agli altri rapporti di Google Analytics, è possibile valutare l’impatto che hanno sulle vendite particolari promozioni e codici sconto.
Valore medio dell’ordine (Average Order Value o AOV): monitorare questo dato può dare un’indicazione trend di crescita. Si posso generare più profitti semplicemente mantenendo la stessa soglia di vendita e aumentando il carrello medio. Significa che gli stessi utenti spendono mediamente di più. Questo solitamente è possibile grazie ad alcune particolari promozioni nella fase di checkout oppure attivando dei bundle (il classico “Il secondo prodotto lo paghi la metà”, ecc).
Nell’esempio in basso, vi vede come ci sia stato un incremento importante delle transazioni ma con un riduzione dell’ordine medio. Questo significa che più utenti hanno fatto acquisti ma hanno comprato prodotti mediamente meno costosi.
Tasso di conversione: è un valore percentuale che misura i visitatori che si convertono in acquirenti. Mediamente in un ecommerce si aggira tra il 2% e il 3%. Il tasso di conversione medio del sito Web di e-commerce è compreso tra il 2 e il 3%. Per calcolarlo basta dividere il numero totale delle transazioni (o delle conversioni) per il totale delle sessioni.
Ecco la formula: numero totale di vendite / numero totale di sessioni. In base alla diversità dei business, si può calcolare anche il tasso di conversione a livello di utente. Per farlo è necessario impostare una metrica personalizzata in Google Analytics. In questo caso la formula indicata prima non prevederà più le sessioni al denominatore ma gli utenti unici. Essendo questi inferiori rispetto alle sessioni perchè un utente può fare più sessioni, il tasso di conversione a livello di utente sarà sempre maggiore rispetto a quello calcolato sulle sessioni.
Costo per acquisizione / azione (CPA): Il costo per acquisizione è la metrica che ci indica in generale quanto è costato ottenere una vendita, un nuovo cliente, un nuovo ordine. Ottima per campagne che hanno come obiettivo la lead generation, meno indicativa per quanto riguarda gli ecommerce dove è focus è principalmente sulle entrate e sul ritorno sull’investimento. Questa metrica si calcola dividendo la spesa pubblicitaria per il numero di conversioni ottenute.
Costo per lead: il CPA possiamo considerarlo un kpi che va calcolato ogni volta che viene generata un’azione. Il costo per lead fa riferimento all’acquisizione di un nuovo contatto che, com’è ovvio viene conteggiato una sola volta. Questa metrica è utile per valutare quanto è sostenibile l’espansione di un business.
Entrate: impostato il tracciamento dell’ecommerce avanzato, menzionato poco prima, è possibile tenere traccia dell’andamento entrate. Tracciandole si può verificare l’andamento del fatturato nel tempo e vedere se ci sono oscillazioni dovute a stagionalità o in relazione al valore medio degli ordini.
ROAS: è un acronimo che vuol dire Return on advertising spending (ritorno sulla spesa pubblicitaria). E’ fondamentale per capire quali campagne stanno generando il maggior valore economico per l’attività. Sapere che Roas sta generando ogni campagna è fondamentale per poter poi allocare il budget nel modo ottimale. La formula con cui si calcola è questa: ROAS = Ricavi / Costo. Qui puoi trovare un approfondimento completo sul Roas e su come calcolarlo.
Dopo la fase di acquisto, c’è la fase di retention. E’ il momento in cui vengono chiamate in causa altre metriche come il Life Time Value (LTV), Churn Rate, Frequenza di acquisto, tasso di retention.